martedì 4 dicembre 2007

Tre storie... Tre !

Per i "meno anglofoni":
"se si potesse andare in galera per aver ucciso (bevuto con foga)
una birra,
lui prenderebbe l'ergastolo"


Rieccomi, sono ancora vivo.
Se il calendario, franco, mi aiuta a realizzare che il tempo stringe, e che stringe proprio dove fa più male, con questo post cercherò di rivivere, per iscritto, e di rallentare, anche se solo per poco, lo scorrere del tempo.
Tre storie... che vorrà raccontarci questa volta Stefano?
Tre momenti decisamente assurdi. Vissuti con attimi di black out mentale, con gruppi di attimi di voglia di urlare, ma con una ferrea attitudine al rispetto verso il prossimo, anche se...
I fatti sono questi, statemi a sentire.
(Orari, luoghi e personaggi, nonché nomi e frasi utilizzati nei prossimi racconti sono totalmente frutto della mia realtà, cioè di un buon esempio di fantasia adolescenziale)
H.2128: appena uscito dal mio baretto di fiducia, luogo dove spesso trascorro il mio "tardo pomeriggio", dopo che i bibliotecari della Fisher Library, in coro, e con spinte sincronizzate, mi intimano di abbandoare il loro tempio. Inizio, fin da subito, con bugie macchiate di marmellata. Si introduce e si conclude più o meno con le stesse cose no?
Torniamo alla prima storia. Esco dal baretto, con la barista. Ebbene si. La barista ne vuole a metri (scusa mammi, ma quando ci vuole ci vuole), ma io non ne ho cosi tanto, quindi gioco d'astuzia e faccio l'introverso. Guardo spesso nel vuoto, sorrido timidamente. Ma la barista, ormai tornata nei suoi panni di comune mortale, si dimostra abile e arruolata in chissà quale "con-sorellita" finlandese, viste le sue origini finniche, e fi....che aggiungo io, e riesce anche a mettere a "mio" agio, la parte timida che è in me.
Optiamo per un locale appena aperto in Broadway. L'impatto col clima glaciale che decorava tutto il pub avrebbe presentato molto presto il suo conto, un bel colpo di freddo, eh già, proprio li dove può far veramente "star male", sia te che il prossimo.
Ma andiamo oltre.
Ordiniamo due bicchieri di vino, a testa (mao), di un vino del New South Wales. Il locale è vuoto, proprio come il sapore del vino, e come il mio stomaco nel giro di qualche minuto, grazie alla "gentile" brezza marina.
Il primo sorso aveva gia presentato il suo orrendo sapore, quando il barista, senza che nessuno avesse chiesto nulla, forse spinto contro-voglia dalla "bufera condizionata", inizia a menarcela sulla storia del vino.
Un sacco di parole, alla rinfusa, e un sacco di sguardi per la fi(nni)ca.
"E va bè" penso io "vediamo come se la gioca".
Dopo aver fatto (bestialmente) finta di saperne, e dopo che lei, sempre la stessa 'ica, disgustata dal sapore cercava il mio sguardo affinché gli dicessi qualcosa, eccolo che inizia col dire che lui lavora in questo locale, ma che in realtà è anche un designer di successo, ma che per trovare l'ispirazione ha bisogno di un bar, di questo bar (e del suo clima scandinavo), perché solo li può trovare l'atmosfera di cui ha bisogno. Cose folli. Neanche io ho mai detto cose così assurde in così poco tempo.
Mentre cercava di capire se la sua prima "strategia" stesse avendo un minimo di successo, rieccolo saltare "di palo in frasca" ed iniziare a parlare della sorella, dell'amata sorella tanto diversa da lui, tanto cara.
Mi viene quasi voglia di apostrofarlo con qualche moderato insulto "trentino", ma tengo botta, ripenso al vino appena bevuto, e mi lascio catturare nuovamente dal disgusto "rosso".
Lei, Strafica, originale nome finnico di chiara origine etero, mi stupisce. Non si mette a conversare col barista sulla sorella, su quello che fa, su chi frequenta e su quanto può arrivare ad abbronzarsi in estate? Io non ho più forze. Il mio corpo chiede una tregua. Eccola. Liberato dagli ultimi dolori provati, torno a porre il mio "sederino" al posto di prima, nel bel mezzo di una discussione che vedeva il padre del (maledetto) barista al centro di una tradizione familiare di pittori australiani. Stop. No, continuo con la storia. "Stop" l'ho detto io, o meglio, la mia lingua anticipando il mio cervello. Lui mi guarda. Non se l'aspettava, credeva quello che non doveva credere, cioè di aver conquistato la singolare platea. Lei mi guarda, sbalordita.
Io inizio a parlare del mio gatto "Leonardo" che riesce a palleggiare e scrivere poesie d'amore, il tutto "musicato" da continui miagolii che compongono la "Nona Sinfonia" di Beethoven.
Lui abbassa prima lo sguardo e poi la testa e con la coda tra le gambe torna dove sarebbe dovuto sempre rimanere, cioè dietro il bancone, in castigo!
No dai... non è andata proprio cosi.
Ad un certo punto, io e lei iniziamo a parlare cercando, piano piano, di trasformare un'involontaria (ed involuta) discussione, in un involontario (ed involuto) monologo.
Lui fatica a capire. Inizia a dimenarsi, ma ormai il suo destino sembra inevitabile. Dopo qualche ora ecco entrare un'ambulanza nel locale e portarlo via. Il "tale" aveva iniziato a minacciare se stesso con promesse di un licenziamento improvviso.
Scherzi a parte, dopo qualche minuto di reale soliloquio, dove si stava giocando tutto, un cliente, seccato, pretendeva la sua birra, e il "nostro eroe", suo malgrado, dovette abbandonare "il campo di battaglia".
Ero di nuovo solo con la 'ica. Passo alla birra. Lei ad un Bayles. Si chiacchiera. Cose più o meno sincere. Il locale sta per chiudere, ma noi no. MI accompagna a casa. La saluto sventolando la manina, salgo le scale ma non mi volto, perché lei è davanti a me... ahahahahah...
La seconda storia è accaduta la mattina seguente.
Mi reco nella mensa della Sydney University, dove spesso rimango a studiare nel primo pomeriggio. Sono carico. Le righe della tesi aumentano senza troppa difficoltà. L'ispirazione viene e va, si sa, ma quando se ne va per colpa d'altri viene proprio voglia di inc....rsi!
Un "non troppo discreto" signore, anziano all'anagrafe, ma giovanissimo nel rompere i c.....i, inizia ad intrattenere relazioni più o meno pacifiche con tutti gli sciagurati studenti presenti nella sala.
Io, cuffie munito, con sguardo fisso verso lo schermo, opto per l'indifferenza più totale. Mi rifugio nel mio "autismo sordo", e cerco di non offrirgli spiragli.
Ma non c'è niente da fare. Alla quinta birra, sagacemente custodita in un sacchetto di nylon, eccolo mirare verso di me.
Lo sento e poi lo vedo.
Ve la faccio breve: il suddetto è rimasto per esattamente 54 minuti a parlare con il sottoscritto, mettendo a dura prova, dopo poco piu di 12 h dal primo episodio, la mia infinita pazienza. Argomenti sputati (sul mio braccio) dall'aitante 69nne: Aborigeni, morbo di Huntington, yoghurt miracolosi, politici australiani, giornalista di cui non ricordo il nome, amico chitarrista, diversi modi di "giocare" con il proprio "fallo", il tutto reso più digeribile da un continuo bruxismo (digrignare i denti).
I due miei amici baristi, finalmente, si avvicinano e consigliano al "giovane vecchio" di "lasciarmi in pace". Lui ride e rilancia chiedendomi di dire se realmente un disturbo mi era stato arrecato o se di una vera e propria discussione si dovesse parlare.
Io sorrido. E, vista l'età dell'interlocutore, vista la fine vicina, rassicuro i due baristi mentendo con parole del tipo "ma no, anzi... mi ha dato pure degli spunti per la tesi".
Per evitare di ricadere nello stesso baratro però, salto in piedi e adduco la scusa del bagno per sbarazzarmi di tutto e tutti. Il "savio prestigiatore di pensieri assurdi" se ne va sbandando, sopratutto verso destra. Io mi lavo la faccia, tre volte, e scoppio a ridere.
La terza storia, in short, la trovo a pochi metri da casa. Dopo aver pedalato per 3/4 km sotto la pioggia sydneyese, mi avvicino al Blockbuster. Un film dopo una giornata sui libri. Ci può stare no?
Sono lì per entrare ed ecco che qualcosa (qualcuno) distoglie ed accoglie la mia attenzione.
E' un esemplare di "stanca e stufa essere umana". Io la guardo e le sorrido. Lei apprezza, mi si avvicina e mi invita a condividere il suo malessere. Non era di certo una che si lamenta per nulla. In rapida sintesì: nell'ultima settimana è riuscita a perdere la patente per anno, farsi lasciare dal ragazzo dopo 9 anni, (la tizia ne ha 33 di anni), e farsi trattenere per 2 giorni in ospedale per esser stata pescata in una "proprietà privata" a giocare e parlare con una statua che aveva inappropriatamente preso in prestito dal parco comunale poco distante.
I miei occhi balbettavano ed il mio cervello assaporava continui crampi al lobo temporale. Lo so, descriverlo e non viverlo non sono la stessa cosa, ma vi assicuro che questa era veramente incredibile.
Un saluto rapido ed indolore dopo una buona mezzora di chiacchierata e riproposizione di "metri di voglia" da parte della "Ma(re)tta", forse amica della "Fi(nni)ca", sancirono e sanciscono la fine della mia giornata di ieri e del mio racconto..
Forse sarebbe meglio seguire il consiglio dello spot dalla "Boag's Beer"...

Bella li... non l'ho nemmeno riletto questo post...
Forse un po' troppo lungo.
Da prendere a piccole dosi.
Qui sono gia le 19.00. Un altro giorno sta per salpare ed andarsene per sempre.
A presto.

Ste

6 commenti:

bito ha detto...

le storie, le storie.. finchè ci sono le storie va tutto bene, perlomeno fino a che le storie non divengono pause, pause. oggi ho letto il tuo ultimo post con un occhio sul pc e l'altro, mezzo strabico, sulla porta. neanche i blog si possono leggere, in ufficio. sulle stufe e stanche della vita c'avrei una piccola cosa da dire, rimandiamo a quando ci beccheremo, causa congiunzioni astrali, a un orario intermedio compreso diciamo tra l'1 di notte e le 24 del giorno dopo. cordialità tutte.

Anonimo ha detto...

Se di origini finlandesi si tratta, allora la mano ti stringo. E la stringo con cognizione di causa! ;)

Anonimo ha detto...

cosi mi piaci..
discreto..
pulito..
alzante..
e sbandierante.
un abbraccio.
ste

Anonimo ha detto...

Beh, Saul mi ha mostrato il tuo blog..cavolo mi pento di non aver fatto serata con voi quando sei venuto a pd, perchè sembri davvero fuori!!!Brà!
www.myspace.com/marypupa

Anonimo ha detto...

grande Ste..
mi si è cancellato il post che ti avevo scritto..azzzzcmq più o meno diceva che davvero se i un savio prestigiatore di pensieri assurdi (ma dei nostri!!!)..è labile il confine tra realtà e fantasia in quello che dici/scrivi, ciò che è reale viene poi da te smentito mentre ciò che sembra fantasioso viene invece confermato maledettamente!!!..altro che "sordo autismo" questa è gran capacità di stimolare il pensiero simbolico delle persone e abbandonare la fatidica conchiglia ritenuta autistica...
ah..Maria Grazia (di cui sopra)mi ha sentito ridere in studio mentre leggevo i dubbi d'io e mi sono permesso di mostrarglieli...
ora scappo..magari al Block's..non si sa mai..stammi bene a presto e go..on..go..saul

Anonimo ha detto...

Che doppia delizia per i miei occhi..
Tornerò un giorno da quelle parti.. e si rifarà un'altra serata...
Saul.. fenomenoooooooo!
Spero di riscrivere presto..
Ecco un altro "dubbio"... LoL
Ste